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Rossana Ricci, Cecina LI
"Arriva la sera d'agosto
e cento, mille parole
non bastano più ...
Tramonta il sole sul mare
resta il ricordo di te,
pugno di cenere
racchiuso in un'urna
fredda, che fa mostra di sé
tra i tuoi libri
che non parlano più.
Rossana Ricci, Cecina LI
Spoglia la campagna
accoglie il giorno
di un plumbeo cielo.
Gennaio, signore discreto,
non offre canti,
solo il pettirosso
si ode...
premonitore di voli
nel freddo
di un'anima persa.
Storia di famiglia:
La Cassina del Duca
Da Cassina Ida a Cassina Anna. Proprietari, architettura e territorio di una grandiosa corte colonica a Milano: Fondata nel 1895 dal duca Guido Visconti di Modrone e dedicata alla moglie duchessa Ida, la corte colonica di Bruzzano, divenuta poi Cassina Anna, rappresenta uno spaccato della Milano agricola del Novecento.
Nel ricostruirne la storia, fino alla definitiva acquisizione da parte del Comune di Milano, il libro recupera, con il passato rurale della città, nuovi interrogativi sui modi di concepire la Milano del futuro.
ISBN 978-85262-36-2323 pag. - € 28,00
Per chi desiderasse una copia in PDF ci contatti all'indirizzo mail info@giovannagastel.it
Dalla nostra emittente TV locale "Espansione TV" riceviamo indicazione di un'iniziativa molto importante che non possiamo non condividere:
A tu per tu con lo scrittore: su Etv arriva “Storie d’autore”, in onda a partire dal 4 febbraio ogni sabato alle 19, su Etv.
Per ulteriore informazioni: https://www.espansionetv.it/2023/01/10/a-tu-per-tu-con-lo-scrittore-su-etv-arriva-storie-dautore/?fbclid=IwAR0LLFQR7pUP3Vh_ZqPWhYQuS7IUWJcY_YzQUHs9CReuyUz7eGGoubxjTeA
Il compositore ottenne il diritto di domicilio nel piano nobile, che contava quattro stanze, due ripostigli, cucina, piano terra, cantina e due volte in legno per un canone annuo di circa 450 fiorini che spettavano alla famiglia Camesina, o meglio a Maria Anna, nuora vedova dello stuccatore di corte Alberto Camesina, il quale aveva rilevato la casa dopo la morte del suocero Carove intorno al 1720.
Qui Mozart e la sua famiglia vissero dal 1784 al 1787: oggi costituisce una preziosa testimonianza, poiché è l’appartamento più grande, più elegante e più costoso in cui Mozart abitò e l’unico rimasto intatto ancora oggi.
Fulcro della Mozarthaus viennese è proprio l’appartamento: è qui che compose una delle sue opere più celebri, Le Nozze di Figaro, oltre a tre dei sei quartetti Haydn. Curato dal Wien Museum, l’appartamento comprende immagini e documenti grazie ai quali il pubblico ha la possibilità di approfondire Mozart e il suo contesto familiare ed è custodito inoltre un orologio musicale, realizzato intorno al 1790, che riproduce una variazione dell’Andante per un cilindro in un piccolo organo, che Mozart compose proprio per questo orologio.
Il secondo piano, La Musica di Mozart, offre invece al visitatore una panoramica sui principali colleghi musicisti nella Vienna del tempo, inclusa la collaborazione con il librettista Lorenzo da Ponte per Le Nozze di Figaro e per il Don Giovanni. Dai soffitti originali in stucco e dalle pitture murali si percepisce come fosse decorato l’ambiente ai tempi del compositore.
Al numero 5 di Domgasse, a Vienna, è visitabile la Mozarthaus, l’unico appartamento viennese di Wolfgang Amadeus Mozart che si sia conservato ancora oggi. Nel 2006 è stato inaugurato un percorso museale permanente in occasione del 250° anniversario della sua nascita.
In occasione del duecentocinquantesimo anniversario di Vienna (1791), è stata inaugurata il 27 gennaio 2006 la Mozarthaus, un percorso museale permanente nell’unico appartamento viennese di Mozart che si sia conservato ancora oggi e che è rimasto tuttora visitabile. In una superficie complessiva di circa mille metri quadrati e con la stessa disposizione delle stanze che presentava l’edificio ai tempi in cui Mozart vi abitava con la sua famiglia, l’edificio offre ai visitatori l’opportunità di conoscere non solo molto sul personaggio e sulle sue opere, ma anche la situazione personale e sociale e com’era l’aspetto di Vienna in quel periodo. Una città sicuramente molto diversa e molto meno popolata rispetto ad oggi: si pensi che all’interno delle mura della città, l’area che ora corrisponde al primo distretto, contava poco più di cinquantamila abitanti.
Ora al numero 5 di Domgasse, originariamente l’appartamento aveva l’ingresso in Schulerstrasse 8 (allora Grosse Schulerstrasse, Stadt numero 845). Dall’aspetto signorile, nel Seicento la casa era suddivisa su due piani, fino a quando nel 1716 venne rimaneggiata dall’allora proprietario, il maestro scalpellino Andrea Simone Carove, cosicché quando nel 1784 vi si trasferì Mozart la casa era su tre piani come lo è oggi.
Viene inoltre analizzato il Requiem, rimasto incompiuto a causa della sua prematura scomparsa, ed è visibile anche un’installazione teatrale multimediale dal titolo Il flauto magico – Risata divina, che mostra collage tridimensionali di scene tratte da Il flauto magico. L’installazione multimediale Figaro Parallelo offre una panoramica delle rappresentazioni di Figaro nei principali teatri d’opera internazionali e dei diversi approcci dei registi.
Il terzo e ultimo piano dell’edificio, intitolato La Vienna di Mozart, intende affrontare la situazione personale e sociale di Mozart a Vienna. La definisce a suo padre Leopold “il posto migliore al mondo per la mia professione” e ”un posto magnifico".
Un’installazione multimediale indica tutti i luoghi in cui Mozart visse durante i suoi anni a Vienna. Il pubblico ha occasione di scoprire informazioni interessanti sui luoghi in cui si esibì e sui maggiori personaggi a cui diede vita nel corso della sua attività, il contesto socio-politico, i suoi legami con la Massoneria e la sua vita sociale, compresi gli aspetti del ballo, del gioco d’azzardo, della moda, della letteratura e della scienza. Un’installazione con cinque spioncini lascia intravedere i divertimenti erotici proibiti dell’epoca: rari spettacoli allestiti ai lati dell’installazione Grabennymphen, in cui i visitatori possono guardare attraverso una porta su una scena stilizzata che mostra raffinati gentiluomini e dame di facili costumi.
da: Finestra sull'Arte - 22.7.2022
Incrociai il mio sguardo
dentro uno specchio
mentre camminavo per strada
senza Pensieri;
cominciai ad alzarmi da terra,
leggero il mio passo nell’aria,
come un palloncino sfuggito
dal polso di un dolce bambino,
fino a svanire alla vista.
E Lei mi guardava severa,
sembrava una maestra…
le braccia incrociate sul petto.
Anna Gatto, Alessandria AL
Sempre più spesso l’arte contemporanea si ritrova a invadere gli spazi dell’arte antica. Una convivenza che spesso però appare forzata e pretestuosa, oppure non si cura della leggibilità degli spazi antichi. Come fare in modo che la compresenza sia utile per tutti?
Chiunque si trovi a visitare il Palazzo Ducale di Venezia fino al prossimo 29 ottobre, nella Sala dello Scrutinio non troverà le opere del Tintoretto, di Andrea Vicentino, di Pietro Liberi, di Palma il Giovane e degli altri che dipinsero i fasti della Serenissima sui grandi teleri qui sistemati a formare una sorta di fregio in lode alla Repubblica dopo che il disastroso incendio del 1577 distrusse questa sala e il vicino Salone del Maggior Consiglio: da marzo, tutto è coperto da un’enorme installazione di Anselm Kiefer, targata Gagosian, appositamente creata per questa sala, e immaginata per rispondere, si legge nella presentazione, ad alcuni precisi scopi. Primo, “sottolineare il ruolo dell’arte contemporanea nella riflessione su temi universali, che trascende Venezia per aprirsi a visioni filosofiche attuali”. Secondo, “misurare la capacità di questo luogo-simbolo della Repubblica Serenissima d’essere ancora un centro di cultura viva e non solo memoria”. Terzo, stabilire una “narrazione che riporta in superficie la stratificazione di miti millenari, di solitudini e inquietudini a cui l’artista dà forma attraverso una nuova epica, dagli accenti gravi come è l’oscurità del nostro tempo”.
Manifesto, un “atto maestoso e potentemente interrogativo, reso possibile grazie a una pittura di straordinaria prodigalità, dove la monumentalità dell’esecuzione è funzionale a restituire l’intensità della visione e la profonda commozione per il destino del mondo”.
da: Finestra sull'Arte (Federico Giannini)
La potenza visionaria dell’opera di Kiefer è alla base d’un’opera sicuramente riuscita, sebbene si possa dire che le fiamme del tedesco siano metaforiche, mentre quelle del 1577 erano reali e il ripensamento dello spazio non scaturiva da una riflessione pacata e a lungo ponderata, ma da una necessità urgentissima: eppure, nonostante la percepibile finzione, ne è emerso, ha scritto Giuseppe Frangi sul
è un’esperienza ben più emozionante della vista degli apparati effimeri di Kiefer), e quella d’una galleria privata che ha lautamente sostenuto questa occupazione dello spazio pubblico.
Non si parla, naturalmente, d’una storia recente: il contemporaneo che s’intromette nell’antico non è una novità. Le origini vanno forse rintracciate nelle
Sculture nella città
, la manifestazione che, nel 1962, riempì il centro storico di Spoleto di opere d’artisti contemporanei (sollevando già allora le perplessità di Giovanni Urbani), parte delle quali rimaste ancor oggi nelle vie e nelle piazze della città umbra. Uno scatto ulteriore s’ebbe, ancora a Spoleto, nel 1968, quando Christo e Jeanne-Claude presentarono il primo impacchettamento su di un monumento antico: per il Festival dei Due Mondi, la coppia decise di coprire interamente il Fortilizio dei Mulini e la fontana di piazza del Mercato.
Se invece si volesse evitare di prendere in considerazione un’opera d’arte che non potrebbe esistere senza una precisa azione su di un monumento antico, allora si può fare un balzo di quattro anni al 1972: si teneva allora la quinta edizione di Documenta e l’artista francese Ben Vautier copriva le colonne del settecentesco Fridericianum di Kassel (un’idea che in seguito avrebbe caratterizzato quasi tutte le edizioni della mostra), e issava sopra al frontone un grande striscione con sopra scritto “Kunst ist überflüssig”, “L’arte è superflua”. Non servirà forse specificare come anche la Biennale di Venezia sia stata anch’essa anticipatrice: varrà la pena ricordare le tante volte in cui, a partire dagli anni Ottanta, quindi in pieno clima postmoderno quando queste modalità d’interazione tra antico e contemporaneo cominciarono a conoscere una vasta diffusione in tutta Europa, la chiesa di San Stae è stata assaltata dalle incursioni di artisti contemporanei: da Felice Varini che installava una piattaforma per costruire un preciso punto di vista ad Adrian Schiess che copriva il pavimento con panelli colorati, da Christoph Rütimann che con una grande installazione bianca riduceva drasticamente l’interno della chiesa a Pipilotti Rist che lanciava una videoproiezione sul soffitto. Una gran mole di interventi di cui oggi s’è in gran parte persa la memoria.
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